Un viaggio nell’ambiziosa transizione green di Tokyo

Il Giappone è un paese noto per la tranquillità e la quiete che si diffonde contro ogni pregiudizio persino nelle stazioni dei treni di città come Tokyo o Osaka, le più industrializzate.

La storia di un Giappone attento all’ambiente

Fin dai decenni precedenti, l’attenzione del Paese del Sol Levante nei confronti dell’ambiente è sempre stata particolarmente elevata, tanto quanto in Europa, soprattutto dopo il 1997 con il Protocollo di Kyoto. Nel 2004, in occasione del G8 tenutosi in Georgia, il padre dell’ex premier Junichiro Koizumi ha lanciato il modello “3R”: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. Nel 2018 è stata poi firmata a Bruxelles la “Partnership UE- Giappone sulla Connettività Sostenibile e le Infrastrutture di qualità”.

I dati storici ci mostrano come il Giappone sia sempre stato all’avanguardia e in prima linea nei confronti dei temi ambientali, o perlomeno negli ultimi decenni in particolar modo. Come? Vi starete domandando.

Innanzitutto partiamo col precisare come attualmente, secondo lo studio di Sensoworks, startup italiana specializzata in monitoraggio infrastrutturale supportata da piattaforme multilivello, Tokyo sia posizionata al 23esimo posto tra le città più inquinate al mondo, con una produzione di 59 milioni di tonnellate di CO2. Se allarghiamo il quadro all’intera nazione, il Giappone è ad oggi il 5° paese per emissioni di anidride carbonica nonostante rappresenti solo il 2% della popolazione mondiale. Alla luce di ciò è chiaro come una transizione green ed un processo di decarbonizzazione dell’economia giapponese sia di estrema importanza per il mondo intero.

Il Giappone e la sostenibilità oggi

È da questi presupposti che nel 2017 il Giappone diventa il primo paese al mondo a lanciare una strategia nazionale per ridurre le emissioni di gas serra, grazie alla presentazione del key document “Basic Hydrogen Strategy” con cui il governo dell’allora primo ministro Yoshihide Suga si pone come obiettivo il raggiungimento dello status Carbon Neutral entro il 2050, attraverso una politica che punta sull’idrogeno come chiave per uno sviluppo sostenibile; viene quindi reso operativo nel 2020 il Fukushima Hydrogen Energy Research Field (FH2R), a 250km a nord di Tokyo, il più grande impianto al mondo di produzione, stoccaggio e fornitura di idrogeno solare completamente alimentato da energia rinnovabile e che possa ridurre le emissioni di CO2. Proprio dove 10 anni fa si consumava la tragedia del disastro nucleare, oggi si avvia un percorso di transizione ecologica senza precedenti.

C’è poi il tema della mobilità sostenibile, in cui non mancano innovazione e spinta per una Tokyo sempre più green. È di recente invenzione POMIO, la e-bike gonfiabile o scooter portatile che sarà in vendita da marzo 2022 sul mercato giapponese per rivoluzionare la mobilità sostenibile. Dotato di quattro ruote, può essere utilizzato anche attraverso il proprio smartphone.

E come non menzionare TOYOTA, sponsor ufficiale delle olimpiadi di Tokyo 2020 tenutesi in agosto in nome della sostenibilità, che ha contribuito a rendere l’evento ancor più green grazie alla sua flotta olimpica di macchine ad idrogeno. È infatti nell’agenda politica del primo ministro giapponese il piano di crescita verde, che prevede in un primo step l’eliminazione dei veicoli a benzina entro circa 15 anni e successivamente, entro il 2050, l’utilizzo esclusivo di trasporti a zero emissioni di carbonio.

Insomma, il Giappone si mostra intensamente impegnato nel far tutto il necessario per ridurre drasticamente le proprie emissioni di anidride carbonica, ancora troppo alte, rispettando i propri obiettivi posti in agenda.

Ma riuscirà il paese del sol levante a raggiungere la carbon neutrality entro il 2050? E basterà l’aver puntato tutto sullo sfruttamento dell’idrogeno?

Punti a sfavore degli sforzi del governo

Sebbene siano innumerevoli i punti a favore, per citarne uno i treni ad altissima velocità che indubbiamente spingono verso l’utilizzo quotidiano della mobilità sostenibile, vi sono altrettanti punti a sfavore, non d’aiuto agli scopi del governo nipponico.

Ad esempio, attualmente il paese deve fare i conti con una dipendenza dai combustibili fossili e con un territorio, che per la sua naturale struttura, poco si presta alle fonti rinnovabili, come gli impianti fotovoltaici o eolici off/onshore. Anche l’idrogeno, ampiamente affermato come al centro della strategia giapponese in vista del 2050, presenta i suo pro e i suoi contro: è proprio un documento ministeriale a gettare una base di scetticismo nei confronti della visione sull’idrogeno, in quanto viene affermato come quest’ultimo non sarà in grado di coprire più del 40% del fabbisogno energetico del paese, dunque non potrà garantire tutto il processo di decarbonizzazione.

Verso una strategia nazionale più sostenibile

Cosa pensare dunque? Possiamo affermare con sicurezza che il Giappone si stia muovendo per seguire gli scopi dell’agenda ONU 2050, che stia implementando una strategia nazionale che vede lo sfruttamento dell’energia prodotta dall’idrogeno con lo scopo di abbattere le emissioni di carbonio, ma dovrà sicuramente fronteggiare non pochi ostacoli per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che ha messo sul tavolo, con la speranza che possa nascere un modello operativo efficace e rivoluzionario attuabile dal maggior numero di paesi possibile.